C'è qualcosa di fondamentalmente sbagliato nel concetto di do ut des, "dare per ricevere".
C'è qualcosa di molto o totalmente sbagliato nel concetto di "dare": dare attenzione, dare tempo, dare amore, dare sprangate.
È intrinseco che questo "dare" preveda una privazione da parte del donatore e, ancora più a monte, prevede che ci sia un possesso, che chi da prima ha e detiene ciò che da.
Perché?
Ma proprio no. Se io ho milioni di soldi e li do in giro sono bravo, perché avrei potuto tenerli. Ma che cazzo? È che se li avessi tenuti, con una vita limitata, sarei stato una merda. Questo è il giusto giro delle cose.
Non è una compravendita, santosatana, non è un cazzo di favore, un vuoto a rendere di bozze di vetro.
Uno è in uno stato e genera doni.
Io sono, io voglio, quindi costruisco la situazione per cui quello che concedo non è una concessione, ma un premio per me.
Uno non "da il suo tempo", ma fullfilla il suo essere, vive quel tempo perché è quello che vuole.
Uno non dà sprangate, ma rilascia il suo essere aggressione vivente.
Certo, bisogna essere per generare. Essere convinti, sicuri, coinvolti, appagati. Dal ricevente.
Ma non è in egual misura, non è nemmeno nello stesso campo da gioco. Deve essere un flusso, una semplicità che scivola via con la corrente.
Oh, certo, io predico magnificamente e razzolo di merda, però questo è quello in cui credo.
Non ho mai visto un do ut des, perché cazzo non esiste. Non è che nasciamo tutti con la stessa faretra.
C'è gente che nasce con una Morning Star...
Quindi bello eh, dare roba per essere in credito morale?
Ma fatemi cagare.
E questa è la stessa differenza tra chi è simpatico e chi fa lo simpatico.
Il primo è una forgia e sforna proiezioni di sé, il secondo è un metodico che recita da copione. Il primo genera e non gli pesa, il secondo si priva e si impegna (ahahahaah).
Alla fine è sempre darsi un ruolo e dioinesistente solo sa quanto un ruolo sia necessario.
bell'analisi
ReplyDeletedopo la lettura porto via spunti interessanti,
grazie.