Tuesday, 24 June 2014

Solitudini

29 giugno 2014, ore 03:00

Stessa notte.
Stesso balcone con l'aria leggera e fresca. Stessa sigaretta alle labbra e lo stesso fumo che vortica e scompare.
Stesse esili vite che pulsano e muoiono come braci ai piedi della fiamma del cosmo.
Eppure un'altra notte,  un altro balcone,  un'altra aria e un'altra sigaretta.

Un'altra vita.

Io sono qui che scrivo,  sono qui che vedo attraverso le stesse ma altre lacrime.
Ho richiuso la copertina,  appoggiato delicatamente sul comodino il libro.
Di nuovo una fine,  di nuovo quella botta di mai più,  di unicità. 
Quell'indigestione di emozione dal retrogusto di morte.

Ma cosa sarebbe la vita senza la fine? E quale benedizione più grande di SAPERE cosa sia un tragitto,  quando si è sperimentato l'arrivo e la fottuta ASSENZA che l'aver qualcosa dentro lascia.

Un anno dopo sono qui. E tutto è diverso.
E sì, tesoro,  tutto è uguale.
Tutto evolve,  niente cambia,  tutto è  niente e il niente (questo niente di opprimente morsa che stritola e come spugna mi strizza lacrime dagli occhi),  il niente di emozioni che non esistono... è  tutto.

Ho chiuso il libro. Lo stesso libro. Un altro libro. Solo che questo è VERO. Solo che questo è  te.  Sei tu.
Come faccio,  come posso?  Come riesco ancora a muovere dita,  a dare fiato a pensieri dopo aver sperimentato il massimo dono che mai avrei potuto ricevere?
Chi sono io?  Come ne sono degno?
Forse ne sono degno proprio perché ho accettato il dono stesso,  o forse questo è il gatto che si morde la madonnatroia e fanculo.

Volevo intitolare un post "Pura rabbia e rara paura".

Volevo un chiasmo di consonanze o quel cazzo che è.

Invece sono andato con una troiata da "solitudini che non sono sole".
Ma neanche luna.

Lo so che tutto questo ha senso solo per chi sa già di cosa parlo.  Eppure tutti sanno,  o hanno provato senza identificarlo,  quello che sto dicendo.
Ha senso perché lo penso.
Ha senso perché lo sento.

Dammi un secondo,  dammi un anno,  dammi una vita.
Tu mi dai vita.

Sono un abisso che inghiotte e ogni tanto erutta la cosa più  inutile e necessaria. Sono la mia àncora,  sono l'iceberg,  sono l'isola. Sono la falla nella nave e il pozzo nel deserto.
Sono vivo. E ne sono certo.

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