Monday, 30 June 2014

Follìo

Dimmi, perché mi hai fatto così, Dio?
Perché nella tua volontà immensa hai sintetizzato me?
Non potevi tipo oziare con una birra sul tuo divano cosmico e goderti lo spettacolo comico di questo alcolico universo in bilico tra controllo e selvatica espansione?
No,  ti sei rimboccato le tue maniche da panico in manicomio e,  con tutti i disagi annessi alla camicia di forza,  hai spolverato il kit del piccolo chimico intergalattico e bam.
Un po' di porcodio genetico da mio padre,  un po' di madonnatroia dall'elicoidi di mia madre e bam bam un po' di randomnesss coi raggi cosmici sulle ovaie.
Esco di testa e dal monento della nascita mi scalfisco sempre e solo la testa ad arietare il mondo. Eh,  l'abitudine.
L'abitudine non fa il monacudine.  Al massimo una testa dai tratti duri come un'incudine.
Poi però hai fatto anche lo stronzetto da romantic-comedy e ci hai messo un effetto Tronky: morbido dentro. E ci hai messo un abisso,  giusto per non sbagliare .
No,  una spugna era troppo mainstream o troppo da Capitan Uncino. Ci hai messo proprio un pozzo che succhia come neanche tutte le troie di Praga. E in fondo all'abisso?  Un bel buio col silenzio e un paio di teschi di vacca e cactus.
Dimmi,  Dio,  se siamo a tua immagine,  quanto cazzo fai cagare? Ma uno specchio no?
Gonfi pianeti di mari e oceani e neanche ti specchi?
Oh,  ma forse ci sono altre particelle massive che non interagiscono EM o via gluoni.  Ah,  ma dillo che nel mondo parallelo di dark matter tu sei un figo e il tuo universo ha vinto l'ultimo concorso di universi fatti in casa.
Ascolta,  se ci prendiamo un po' di tempo,  dicono tu ne abbia infinito,  perché non trascini qua il tuo muso da schiaffi e mi racconti cosa c'è che non va?
Vuoi un divanetto da psicanalisi?  Eh,  createlo...  penso sia il tuo lavoro,  no?
Ehi,  e non cominciare con la menata della rabbia repressa, perché proprio oggi non sono in vena,  né  in arteria. Se pensi che non sia una cosa seria,  beh torna a farti vedere... sai,  un diluvio universale o una cazzo di guerra totale,  così da dare lavoro a rabbini su come giustificare la tua follia.
Perché questa è  la definizione di follia,  Dio: follia è  fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi.
Scrivitela sul tuo diario di merda,  vicino a "ceretta all'amazzonia"  e "collidere stelle di neutroni".
Con effetto,  Assentheismo.

Quello che non è

La vita è come un musicante di strada.  Per quanto di valore,  sbagli posto o fascia oraria e il cappello resta vuoto.
Anche il giga-virtuoso di staminchia, che ti suona il canone inverso con le narici,  se lo barbonizzi bene non te lo caga nessuno,  se non le quarantenni zitelle di altroconsumo che fanno capoeira nei giardini pubblici.
A volte passa lo studentello pseudo-intellettualoide che guarda film muti francesi con sottotitoli in russo,  cioè film russi. Lo studentello,  che ascolta musica di nicchia che sparge sentimenti fintamente proletari con arpe e din-donghi da 1000€ al pezzo,  ghigna con compassione alla vita musicante e se ne va.
Un padre di famiglia senza neanche la terza media si ferma e ascolta vivamente interessato,  finché moglie suocera e figlie non gridano il suo nome dall'altro capo della strada come banshee urlanti.
Quando poi la vita di strada ci piazza un trick che neanche una fatality a mortal kombat,  ecco un flebile applauso da parte di un docente universitario impomatato che per brevi istanti s'è ricordato quando lanciava sanpietrini alla cèlere. Il barone docente lancia persino un doblone al cappello dell'artista di strada.
E dal buio di uno scatolone un bambino zingaro schizza fuori,  intercetta la pecunia e torna alla base col maltolto.

La vita,  per quanto non infinita,  prosegue con tenacia.  Finché le forze dell'ordine,  senza cardio per inseguire i criminali, fanno valere la loro autorità sullo strumentista.

Alla milionesima minaccia il musicista si alza,  raccatta lo strumento e il basco militare,  si chiude la giacca e torna nella sua villa super lusso.
Un bel bagno in piscina,  mentre la cena con le sue sette portate cuoce lenta.
La vita guarda il cielo serale.

Tuesday, 24 June 2014

Solitudini

29 giugno 2014, ore 03:00

Stessa notte.
Stesso balcone con l'aria leggera e fresca. Stessa sigaretta alle labbra e lo stesso fumo che vortica e scompare.
Stesse esili vite che pulsano e muoiono come braci ai piedi della fiamma del cosmo.
Eppure un'altra notte,  un altro balcone,  un'altra aria e un'altra sigaretta.

Un'altra vita.

Io sono qui che scrivo,  sono qui che vedo attraverso le stesse ma altre lacrime.
Ho richiuso la copertina,  appoggiato delicatamente sul comodino il libro.
Di nuovo una fine,  di nuovo quella botta di mai più,  di unicità. 
Quell'indigestione di emozione dal retrogusto di morte.

Ma cosa sarebbe la vita senza la fine? E quale benedizione più grande di SAPERE cosa sia un tragitto,  quando si è sperimentato l'arrivo e la fottuta ASSENZA che l'aver qualcosa dentro lascia.

Un anno dopo sono qui. E tutto è diverso.
E sì, tesoro,  tutto è uguale.
Tutto evolve,  niente cambia,  tutto è  niente e il niente (questo niente di opprimente morsa che stritola e come spugna mi strizza lacrime dagli occhi),  il niente di emozioni che non esistono... è  tutto.

Ho chiuso il libro. Lo stesso libro. Un altro libro. Solo che questo è VERO. Solo che questo è  te.  Sei tu.
Come faccio,  come posso?  Come riesco ancora a muovere dita,  a dare fiato a pensieri dopo aver sperimentato il massimo dono che mai avrei potuto ricevere?
Chi sono io?  Come ne sono degno?
Forse ne sono degno proprio perché ho accettato il dono stesso,  o forse questo è il gatto che si morde la madonnatroia e fanculo.

Volevo intitolare un post "Pura rabbia e rara paura".

Volevo un chiasmo di consonanze o quel cazzo che è.

Invece sono andato con una troiata da "solitudini che non sono sole".
Ma neanche luna.

Lo so che tutto questo ha senso solo per chi sa già di cosa parlo.  Eppure tutti sanno,  o hanno provato senza identificarlo,  quello che sto dicendo.
Ha senso perché lo penso.
Ha senso perché lo sento.

Dammi un secondo,  dammi un anno,  dammi una vita.
Tu mi dai vita.

Sono un abisso che inghiotte e ogni tanto erutta la cosa più  inutile e necessaria. Sono la mia àncora,  sono l'iceberg,  sono l'isola. Sono la falla nella nave e il pozzo nel deserto.
Sono vivo. E ne sono certo.

Fiato sul collo

Ansia che piega come anse il flusso di questo fiume di vita percosso dal rullare dissonante del pendolo e del cuore.
Scadenze come cifre stampate su alimenti imballati e criogenicamente preservati in morte procrastinata.
Scene che riappaiono dal passato come campane in un paese di campagna nel mezzogiorno assolato.

No.

Armonico nel movimento,  con battiti come quelli del cuore, con il contatto che non si perde nel furore dell'attimo,  ecco che sono di nuovo vivo.

Il fiato sul collo che ammetto è  il tuo sussurro nell'incavo tra collo e spalla,  non un cazzo di bufalesco sbuffare o cagnesco predàre alle mie spalle per obbligarmi in avanti.
Il fiato sul collo sono poche parole che descrivono pochi minuti che emergono in pochi secondi,  che sono l'eternità.

Tuesday, 17 June 2014

Suspension of Disbelief

Struttura. Ordine. Incastro.
Per evadere dal caos ci serve ordine. Serve una sorgente che smercia entropia come fosse droga,  ci serve il sole che continua a pompare la funzione di stato monotòna crescente S.
E poi da un'altra parte l'ordine di una biosfera terrestre che,  con un feedback negativo, si preserva stabile.

Come in ogni cosa,  serve la giusta inclinazione. La giusta distanza dalla stella,  il giusto periodo di rotazione,  la giusta composizione chimica della superficie.
Serve la giusta predisposizione d'animo per mantenere un sistema autosorretto e vivo.
La pura sorgente di entropia che alimenta è solo l'incipit artistico ed emotivo che genera e genera e genera disordine.

Se devo stagliarmi alla luce,  abbeverarmi alla sorgente di caos,  al puro colpo emergetico,  allora devo crederci.

Ed è proprio qui che possiamo trovarci.
Ci sono le condizioni iniziali per terraformare un pianeta roccioso di cardiaca forma? Sospendendo l'incredulità possiamo attingere alla sorgente di testi sharati in nuvole nella ionosfera?

La corsa agli armamenti contro ogni cataclisma è la conseguenza di un pianeta abitato,  di un virus rinconvertito in "benigno" che opera e ottimizza.
Un'umanità di sentimenti,  con guerre e alleanze,  con LHC immensi per scavare senza ipocrisia nel senso ultimo di una realtà che NON ha senso.

Basta sospendere l'incredulità e credere in navi che salpano verso l'orizzonte.
Non credo in divinità onnipotenti o in predestinazioni da strapazzo. Però credo nella mia corsa tra i corridoi di questa catacomba,  brandendo le armi che in anni ho affilato nella solitudine del mio fuoco d'accampamento.

Sospendo e sospeso nel tuffo,  con denti digrignati, ci credo.

Friday, 6 June 2014

Furore

La memoria lavora sempre da culo e i pattern con cui qualcosa richiama ricordi sono,  almeno per me,  un cesso.
D'altro canto,  però, un abile uso di stimoli esterni (luoghi,  musica,  libri,..)  mi aiuta a rivivere momenti e,  soprattutto,  stati d'animo.
Scavando qua e là,  leggi diari.
E scavando ancora alla ricerca di fossili,  che non ne salti fuori il draconiano dinosauro ancora vivo!

E un'attività, invece, per rimpinguare memorie?  Calendario alla mano,  ricostruiamo il passato.

E se fra vent'anni le stesse lacrime tornassero ad alimentarci?

Questo è  furore.

Sunday, 1 June 2014

Slaves to the Subliminal

"Slaves to the Subliminal" is not only a Scar Symmetry song, it is also an appropriate description for my state right now.
As always I don't take the semantics for granted and I'm no sedated and hypnotized man with injected desires via subliminal control.
I'm a slave in the sense that the subliminal subjugates my will, it is a source of joy.
With subliminal I mean that sweet flavour brought by the stratification of piled meanings.
I live for the subliminal possibility of a hidden world, an unforeseeable deeper meaning.
There are signs, there is interpretation. And then there is the hunt.

I'm not really sure what this whole shit is about. But I kinda  dig the subliminality of all this  project.