La mia rabbia è il balcone da cui grido e che nulla risolve.
Questo è il mio ultimo respiro a pieni polmoni, prima della discesa della vita, questo è inalare per migliorare.
Nel mio tragitto lento verso la fermata del bus, ripenso spesso alle variabili.
Un po' da commedia degli equivoci, un po' disaster movie, quello che attira è sempre la minuscola causa scatenante, che propaga il dòmino, che "sliding doors" cambia gli esiti e la cui esistenza biforca i percorsi e le traiettorie degli eventi.
Ci fabbricano fiction e fiction sul battito d'ali di farfalla che, bam, è la causa del tornado.
È bello antropocentrico il culto delle "piccole cose", piace perché è la minima azione del singolo che può ribaltare intere sorti.
Vado verso la fermata e penso a chi dei piccoli segni fa collezione. Sono quelle persone che "sanno cogliere" e traggono consegueze. E c'azzeccano.
Penso soprattutto a come il "fato" sia solo mancato sampling dei dati, sia ignoranza dei "piccoli battiti d'ala".
Ma proprio a livello emotivo artistico, eh.
Non sono qua a fare proseliti per la Causa della Causalità!
Quello che intendo è che il più grande baro a poker non ha controllo totale e un segnale, un battito d'ali, gli sfuggirà.
Quello è l'azione del singolo che può ribaltare le sorti.
Ogni partita è una breve vita e ogni vita è una troppo protratta partita.
Ma dunque perché non allenarsi a leggere? Sì, le persone non sono libri, ma neanche solo scaffali di costole.
C'è qualcosa che sfugge e si sposta appena volto il capo, come un battito d'ali.
Ah, sì. Sono in ritardo.
Quando gli occhi assonnati fanno il codice Morse per tenersi attivi e un infiacchimento generale mi ruota attorno come un'aura di buff negativo, allora ha senso tornare in questo posto, questo Eremo dello Scemo che da più di un anno è la fucina (e il falotto e fagno e famera da fetto) del mio squilibrio.
Cosa succede? Succede che il 3 ottobre The Sigularity Phase 1 esce in europa e io ho già tirato giù il pre-order a forza di grida e PayPal. Succede che a posteriori tutto può essere collegato con rafia biodegradabile e tutto può essere riletto con l'ottica postmoderna del senno di poi patinato di nostalgia.
La mia singolarità l'ho trovata, il punto di non ritorno.
Ha un nome e ha un domicilio, ha il profumo di primavera anche negli sgoccioli d'estate ed è luce pura condensata in forma di essere vivente.
Succede che ho trovato una parte della Pace che andavo a scrivere nei momenti di corda tesa e di sviolinate alla malinconia.
Ora vorrei solo...
Esattamente, ingégnati a far perdurare questo team, lavora perché la brigata formata col marmittone (che si è rivelato ottima farina per torte esplosive con cui minare lo stomaco del mondo) possa mai sciogliersi.
E qui ce l'hai davanti, come un obelisco do ghiaccio nel deserto: the shape of things to come.
E se ci arrivo tardi e il ghiaccio s'è sciolto?
E se non fosse ghiaccio salvifico ma protettiva pietra?
E se fosse un rodiano e braavosiano colosso, custode di nuova vita?
Sono arrugginito, ma sotto lo strato cremisi ancora brilla la lama con cui solcare le membra del tempo?
Qui, ora, in questa arena sferica, non ci sono ruoli sparsi come carry o support. Qui tutti portano alla vittoria e tutti supportanto e suppongo sopportino pure.
Quindi gli occhi telegrafano e raccolgono intermittenti ondate di fotoni riemessi dal circostante. Il cuore telegrafa sprazzi splatter di sangue ossigenato da polmoni che telegrafano parole mute, mentre le dita telegrafano su schermi idee e pensieri inermi di, sì, un altro lunedì mattina.
Come la lancetta che carica a scatti e fende il trascorrere del tempo.
Come la fotografia che immortàla a scatti e ferma il ricordo nella mente.
Come la corsa che avanza a scatti e brucia le tappe della vita.
Sei la mia scheggia, il mio lampo, il mio scatto di rabbia di gioia di pace di ansia di amore di tutto.
Una finta spiaggia di sabbia finta, un giovane di brutte speranze con paralisi al collo inclinato di lato causa headphones a metà che deejaya senza un domani, musica da sculettamento nella sera d'agosto in mezzo ai monti. Vecchie conoscenze oltre i 30 anni che sono ancora a rimorchiare troiette al limite manette, figlie uniche a cena con genitori (e cagnolino grissino) che occhieggiano ragazzi all'insaputa dei vecchi, e vecchi che girellano scatarrando astio contro il rumore "dei giovani".
C'è insulsità, o insulsaggine, o insulsatezza nell'incertezza delle loro certezze.
C'è vento di fine estate, fine vacanze, di domenica del villaggio; c'è puzzo di aspettative infrante, portafogli sgualciti, pelli scottate.
Cammino in un paesaggio desolato fatto di Marlboro Light, Long Island annacquati, I-Phone maneggiati con cautela, occhiali da sole cerchiello per capelli, teschi di lattine di Coca Zero.
Dopo due settimane di paradiso mi accorgo che là fuori le persone non hanno quello che ho io. Che sia passare ore in Safe Lane tra un bacio e una Ultimate, o portarsi 4kg di ghiaccioli da sgranocchiare in BatCaverna davanti a uno schermo da 7mila pollici, qualsiasi sia la mia avventura, fuori non la hanno.
E nemmeno cercano, perché non sanno. O non vogliono.
O sono io che sono strano, no?
Ma poi è un crimine fraggare in Deck17 piuttosto che sbarellare di Vodke RedBull? Magari il vero crimine è che esistano crimini come il reato di opinione. Boh.
Adesso passo di nuovo e c'è musica da psycho dance trance hybrid techno drum&shit, sembra lo tsunami post ristorante cinese con cibo avariato, mentre una Seat Cupra tamarrata che Vin Diesel si metterebbe a piangere sgomma ribassata a 30cm dal geriatrico di 30enni in tiro da rimorchio e gel a galloni sul riporto di cheratinosa paglia secca di cuoio capelluto.
Ma cosa mi sto perdendo?
Di fronte alla biblioteca fanno letture pubbliche di qualche boiata tipo il Piccolo Principe di Paris Saint Germain, o qualche roba pseudo colta Gay-Lussac che dia un senso a neolaureati in Beni Culturali e insegnanti di latino in pensione.
Cosa mi sto perdendo?
Forse la possibilità di avere l'occasione di vincere alle schierate slot-machine anfrattate nella parte buia dei bar e del tabaccaio ancora aperto. Potrei parlare, tra un pigiare e un insert coin, con stranieri e autoctoni che votano Berlusca per togliere l'IMU e vivono in affitto.
Ma come è evoluto il mondo mentre io ho vissuto il mio più bel sogno e il periodo più bello della mia vita finora?
E poi parlano. Cazzo, parlano tutti. Sono tutti medici con gli acciacchi altrui, tutti geopolitologi con la striscia di Gaza e tutti scienziati con l'effetto tunnel dei loro denti nello spigolo del marciapiede che farò loro incontrare.
La mia bolla, il mio guscio, la mia gabbia, la mia prigione, il mio fottuto tunnel senza luce in fondo (che ho ormai arredato) sono di gran lunga meglio del ditale da sarto dove loro stanno annegando.
Ti amo.
Sometimes, the unexpected is precisely what you spent your whole life waiting for.
Sometimes, it feels unreal to finally get what you've always thought you deserved.
Life is unjust and it won't miss any occasion to remind us about the ugly truth of imbalance.
Then, sometimes, dreams do come true. It doesn't matter how much effort one puts into believing that the miracle can happen: once it actually does, all you can do is stare at nothing in disbelief.
They say you should live the moment (carpe diem!), to enjoy the little things in life and be happy with what you get.
Cool, yeah.
But what's the recipe once you start living That great moment, when the orgasm doesn't seem to end, when the ceaseless enjoyment progressively wipes away your previous view of life?
Are my shoulders strong enough to bear the power of this moment? Is my heart ready to host the uproar of one thousand emotions?
Well, I'd better be eager, take all this treasure and, a grin on my lips, be grateful to this life. And to those who made everything happen.
Do i deserve it? That's not the question.
Can I repay and reciprocate all of this? That's my mission, that's my role.
This is the motherfucking time to fight for what is right.
After what seems like ages, I am finally living the peace I've been longing for.
Ci sono momenti quando sotto una pioggia da mezzastagione, l'unica pulsione è buttarsi a correre . Niente telefono, portafoglio, documenti d'identità. Solo un po' di musica nelle orecchie e via.
Una corsa come ritorno primordiale, un solcare la terra a falcate creandosi il vento in faccia nella bonaccia.
E mentre i muscoli ancora freddi scricchiolano, le ossa si levigano sulle cartilagini ed il ritmo martella il corpo, ecco che tutto scivola lontano e torna riordinato.
Non viviamo in eterno e arriva il momento di decidere cosa si vuole essere.
La corsa mi battezza con il mio stesso sudore e la pioggia mi lava e mi lacrima addosso.
Oggi, nel post tempesta pseudo-tropicale, tutta la strada tra i prati e le vigne era deserta. Ero solo come non lo sono mai stato e, al contempo, non lo ero. Non è un caso se le persone possono comunicare, non dico sia destino ma per il principio antropico l'evoluzione ci ha dato questa capacità di tramandare.
Quindi nella solitudine della pioggia io ho sentito che qualcuno C'ERA.
Mi sono persino stupito del fatto che realmente io ero intento a pensare a qualcun altro all'infuori di me.
Era come una caccia, inseguimento, uccisione e giù a scuoiare una pelle non per il gusto di farlo, ma per riportare all'accampamento un dono.
È pazzesco cone ci si ritrova a strutturare tutto quando le cose fondamentali sono solo intrinseche in noi.
Mi servi e, ad ogni passo di corsa, lo capivo sempre più.
Vediamo di far chiarezza sui rapporti umani.
Droni come mettere in auto-pilot, come non metterci il cuore perché non si danneggi in caso di ostilità. Ricognitivo, sperimentativo, con controllo dalla distanza. Distaccato e non coinvolto, ma può essere efficace.
Draghi come un transumano fermento di artigliate e roghi. Una danza nel cielo, tra fiamme e frastagliate corazze, la massività dell'impeto, la temperatura da rettile a sangue freddo, le zanne ed il fumo. L'impatto a terra quando il duello decreta lo sconfitto.
Dadi come l'interminabile e indeterminabile mancata predizione di un esito. Fortuito, nefasto, spigoloso ma rotolante. Scientifico e lucido nel tirare le somme, irrazionale nell'inaspettato evolversi su una spezzata. Una catena di Markov che imprigiona nella sua libertà di pesati e pesanti possibili scenari.
Satana come onnipresente, astuto e temuto. Complementare, azione e pianificazione, passare la lingua sui denti in un eterno tramare nel buio. Immortale e divino, carnale e metafisico, infernale e semplice, ariete contro il mondo. Artistico, unico, ghigno.
C'è qualcosa di fondamentalmente sbagliato nel concetto di do ut des, "dare per ricevere".
C'è qualcosa di molto o totalmente sbagliato nel concetto di "dare": dare attenzione, dare tempo, dare amore, dare sprangate.
È intrinseco che questo "dare" preveda una privazione da parte del donatore e, ancora più a monte, prevede che ci sia un possesso, che chi da prima ha e detiene ciò che da.
Perché?
Ma proprio no. Se io ho milioni di soldi e li do in giro sono bravo, perché avrei potuto tenerli. Ma che cazzo? È che se li avessi tenuti, con una vita limitata, sarei stato una merda. Questo è il giusto giro delle cose.
Non è una compravendita, santosatana, non è un cazzo di favore, un vuoto a rendere di bozze di vetro.
Uno è in uno stato e genera doni.
Io sono, io voglio, quindi costruisco la situazione per cui quello che concedo non è una concessione, ma un premio per me.
Uno non "da il suo tempo", ma fullfilla il suo essere, vive quel tempo perché è quello che vuole.
Uno non dà sprangate, ma rilascia il suo essere aggressione vivente.
Certo, bisogna essere per generare. Essere convinti, sicuri, coinvolti, appagati. Dal ricevente.
Ma non è in egual misura, non è nemmeno nello stesso campo da gioco. Deve essere un flusso, una semplicità che scivola via con la corrente.
Oh, certo, io predico magnificamente e razzolo di merda, però questo è quello in cui credo.
Non ho mai visto un do ut des, perché cazzo non esiste. Non è che nasciamo tutti con la stessa faretra.
C'è gente che nasce con una Morning Star...
Quindi bello eh, dare roba per essere in credito morale?
Ma fatemi cagare.
E questa è la stessa differenza tra chi è simpatico e chi fa lo simpatico.
Il primo è una forgia e sforna proiezioni di sé, il secondo è un metodico che recita da copione. Il primo genera e non gli pesa, il secondo si priva e si impegna (ahahahaah).
Alla fine è sempre darsi un ruolo e dioinesistente solo sa quanto un ruolo sia necessario.
La vita è come un musicante di strada. Per quanto di valore, sbagli posto o fascia oraria e il cappello resta vuoto.
Anche il giga-virtuoso di staminchia, che ti suona il canone inverso con le narici, se lo barbonizzi bene non te lo caga nessuno, se non le quarantenni zitelle di altroconsumo che fanno capoeira nei giardini pubblici.
A volte passa lo studentello pseudo-intellettualoide che guarda film muti francesi con sottotitoli in russo, cioè film russi. Lo studentello, che ascolta musica di nicchia che sparge sentimenti fintamente proletari con arpe e din-donghi da 1000€ al pezzo, ghigna con compassione alla vita musicante e se ne va.
Un padre di famiglia senza neanche la terza media si ferma e ascolta vivamente interessato, finché moglie suocera e figlie non gridano il suo nome dall'altro capo della strada come banshee urlanti.
Quando poi la vita di strada ci piazza un trick che neanche una fatality a mortal kombat, ecco un flebile applauso da parte di un docente universitario impomatato che per brevi istanti s'è ricordato quando lanciava sanpietrini alla cèlere. Il barone docente lancia persino un doblone al cappello dell'artista di strada.
E dal buio di uno scatolone un bambino zingaro schizza fuori, intercetta la pecunia e torna alla base col maltolto.
La vita, per quanto non infinita, prosegue con tenacia. Finché le forze dell'ordine, senza cardio per inseguire i criminali, fanno valere la loro autorità sullo strumentista.
Alla milionesima minaccia il musicista si alza, raccatta lo strumento e il basco militare, si chiude la giacca e torna nella sua villa super lusso.
Un bel bagno in piscina, mentre la cena con le sue sette portate cuoce lenta.
La vita guarda il cielo serale.
29 giugno 2014, ore 03:00
Stessa notte.
Stesso balcone con l'aria leggera e fresca. Stessa sigaretta alle labbra e lo stesso fumo che vortica e scompare.
Stesse esili vite che pulsano e muoiono come braci ai piedi della fiamma del cosmo.
Eppure un'altra notte, un altro balcone, un'altra aria e un'altra sigaretta.
Un'altra vita.
Io sono qui che scrivo, sono qui che vedo attraverso le stesse ma altre lacrime.
Ho richiuso la copertina, appoggiato delicatamente sul comodino il libro.
Di nuovo una fine, di nuovo quella botta di mai più, di unicità.
Quell'indigestione di emozione dal retrogusto di morte.
Ma cosa sarebbe la vita senza la fine? E quale benedizione più grande di SAPERE cosa sia un tragitto, quando si è sperimentato l'arrivo e la fottuta ASSENZA che l'aver qualcosa dentro lascia.
Un anno dopo sono qui. E tutto è diverso.
E sì, tesoro, tutto è uguale.
Tutto evolve, niente cambia, tutto è niente e il niente (questo niente di opprimente morsa che stritola e come spugna mi strizza lacrime dagli occhi), il niente di emozioni che non esistono... è tutto.
Ho chiuso il libro. Lo stesso libro. Un altro libro. Solo che questo è VERO. Solo che questo è te. Sei tu.
Come faccio, come posso? Come riesco ancora a muovere dita, a dare fiato a pensieri dopo aver sperimentato il massimo dono che mai avrei potuto ricevere?
Chi sono io? Come ne sono degno?
Forse ne sono degno proprio perché ho accettato il dono stesso, o forse questo è il gatto che si morde la madonnatroia e fanculo.
Volevo intitolare un post "Pura rabbia e rara paura".
Volevo un chiasmo di consonanze o quel cazzo che è.
Invece sono andato con una troiata da "solitudini che non sono sole".
Ma neanche luna.
Lo so che tutto questo ha senso solo per chi sa già di cosa parlo. Eppure tutti sanno, o hanno provato senza identificarlo, quello che sto dicendo.
Ha senso perché lo penso.
Ha senso perché lo sento.
Dammi un secondo, dammi un anno, dammi una vita.
Tu mi dai vita.
Sono un abisso che inghiotte e ogni tanto erutta la cosa più inutile e necessaria. Sono la mia àncora, sono l'iceberg, sono l'isola. Sono la falla nella nave e il pozzo nel deserto.
Sono vivo. E ne sono certo.
Ansia che piega come anse il flusso di questo fiume di vita percosso dal rullare dissonante del pendolo e del cuore.
Scadenze come cifre stampate su alimenti imballati e criogenicamente preservati in morte procrastinata.
Scene che riappaiono dal passato come campane in un paese di campagna nel mezzogiorno assolato.
No.
Armonico nel movimento, con battiti come quelli del cuore, con il contatto che non si perde nel furore dell'attimo, ecco che sono di nuovo vivo.
Il fiato sul collo che ammetto è il tuo sussurro nell'incavo tra collo e spalla, non un cazzo di bufalesco sbuffare o cagnesco predàre alle mie spalle per obbligarmi in avanti.
Il fiato sul collo sono poche parole che descrivono pochi minuti che emergono in pochi secondi, che sono l'eternità.
Struttura. Ordine. Incastro.
Per evadere dal caos ci serve ordine. Serve una sorgente che smercia entropia come fosse droga, ci serve il sole che continua a pompare la funzione di stato monotòna crescente S.
E poi da un'altra parte l'ordine di una biosfera terrestre che, con un feedback negativo, si preserva stabile.
Come in ogni cosa, serve la giusta inclinazione. La giusta distanza dalla stella, il giusto periodo di rotazione, la giusta composizione chimica della superficie.
Serve la giusta predisposizione d'animo per mantenere un sistema autosorretto e vivo.
La pura sorgente di entropia che alimenta è solo l'incipit artistico ed emotivo che genera e genera e genera disordine.
Se devo stagliarmi alla luce, abbeverarmi alla sorgente di caos, al puro colpo emergetico, allora devo crederci.
Ed è proprio qui che possiamo trovarci.
Ci sono le condizioni iniziali per terraformare un pianeta roccioso di cardiaca forma? Sospendendo l'incredulità possiamo attingere alla sorgente di testi sharati in nuvole nella ionosfera?
La corsa agli armamenti contro ogni cataclisma è la conseguenza di un pianeta abitato, di un virus rinconvertito in "benigno" che opera e ottimizza.
Un'umanità di sentimenti, con guerre e alleanze, con LHC immensi per scavare senza ipocrisia nel senso ultimo di una realtà che NON ha senso.
Basta sospendere l'incredulità e credere in navi che salpano verso l'orizzonte.
Non credo in divinità onnipotenti o in predestinazioni da strapazzo. Però credo nella mia corsa tra i corridoi di questa catacomba, brandendo le armi che in anni ho affilato nella solitudine del mio fuoco d'accampamento.
Sospendo e sospeso nel tuffo, con denti digrignati, ci credo.
La memoria lavora sempre da culo e i pattern con cui qualcosa richiama ricordi sono, almeno per me, un cesso.
D'altro canto, però, un abile uso di stimoli esterni (luoghi, musica, libri,..) mi aiuta a rivivere momenti e, soprattutto, stati d'animo.
Scavando qua e là, leggi diari.
E scavando ancora alla ricerca di fossili, che non ne salti fuori il draconiano dinosauro ancora vivo!
E un'attività, invece, per rimpinguare memorie? Calendario alla mano, ricostruiamo il passato.
E se fra vent'anni le stesse lacrime tornassero ad alimentarci?
Questo è furore.
"Slaves to the Subliminal" is not only a Scar Symmetry song, it is also an appropriate description for my state right now.
As always I don't take the semantics for granted and I'm no sedated and hypnotized man with injected desires via subliminal control.
I'm a slave in the sense that the subliminal subjugates my will, it is a source of joy.
With subliminal I mean that sweet flavour brought by the stratification of piled meanings.
I live for the subliminal possibility of a hidden world, an unforeseeable deeper meaning.
There are signs, there is interpretation. And then there is the hunt.
I'm not really sure what this whole shit is about. But I kinda dig the subliminality of all this project.
Stragi di esitazioni e di stasi protratte, nell'istante sfugge un raggio di schegge che in agopunturale metodicità si conficcano nel cranio, inibendo la ragione.
Quando il controllo viene delegato all'istintivo saper muoversi, il cervello è parcheggio nel parcheggio e peggio per lui se poi non regge il freddo inferno di memorie che trafigge e su autostrade neuronali perpetua l'estasi.
Fare un voto al seggio sotto la pioggia: dare man forte ed un sussurro sino alla morte, errare alla ricerca e, una volta trovato, lanciare il programma per cui siamo stati programmati.
C'è una sequenza, un metodo, una serie di interazioni, ma la ragione ne resta fuori e il dualismo sincrètico si conclude: complimentarsi per complementarsi e complementarsi per complimentarsi.
Il tornado è solo aria, io sono solo carne. Ma l'azzurro che fa da cielo alla sfera del mio cranio è il tuo affresco più infestante, intrusivo e redentore.
Il parcheggio è la sala dove il capo reclino, dove il tempo declini, dove la paura scèma estirpata dalla stretta che toglie solitudine.
Droga. La parola che descrive meglio tutto.
Non solo la dipendenza, c'è proprio un senso di rarità, di élite, di priorità.
E altera la percezione del tempo. I giorni sono mesi e le ore sono giorni.
Il tempo batte il suo ticchettìo con la mazza sull'incudine e, come fenomeno emergente di giochi d'intervalli, con il suo pendolo di inquietudine entra in risonanza, poi in battimento, poi in asincronìa col cuore che ho in petto.
Finché tempo e cuore trovano una coreografia di contrazioni: il primo rallenta e sfiora asintotico l'immobilità, mentre il cuore accelera.
Sembra di avere un'MG42 che raffica da sotto lo sterno e vedo la luce dei miei traccianti dare colore al finora monocromatico mondo esterno.
Non c'è un'overdose di questo. Il corpo si ridistende ogni volta. Come un gas occupa tutto lo spazio disponibile e non basta.
La pressione scala, escala, esorbita e vola nel continuo.
La memoria tattile frega sempre, il bruciore dei mille aghi che risveglia di notte, il senso di smarrimento e di rifugio.
Sentirsi nudi eppure cònsoni, accarezzare il vuoto e il preludio è iniziato.
Contrazioni. Cioè tirare insieme a sé, trascinarsi verso l'epicentrico occhio del ciclone.
Perché è sempre stata una questione di occhi, vero?
A volte le persone si ritrovano.
Si ritrovano in una selva oscura, si ritrovano dopo anni per puro caso, ritrovano sé stessi.
Le parole hanno forza, ritraggono immagini che nel subconscio effetto-dominano in una valanga di reazioni.
Le immagini nitide tratteggiano le azioni che le parole solamente non possono esprimere.
Quindi ci ritroviamo a immaginare:
-un costruttore, chiamiamolo pure un plasmatore o un creatore, ma è pur sempre un muratore.
Ora immaginiamo che il muratore sia bravo a costruire, veloce, efficiente, ma costruisce muri e barriere.
-una persona che vede solo pareti di una stanza, al di fuori della quale non importa. Una stanza straordinaria, dove tutto è possibile allo schioccar delle dita.
-un essere strano ed evanescente, un profondo abisso di analisi, chiamiamolo la Lacrima Nera, che non vola leggero ma si fa strada nelle giungle di arbusti e si inerpica per i crepacci più taglienti.
-una amazzone impavida e strategica, che medita le mosse, una cacciatrice che respira ogni sorso di vita, dall'umidità avvolgente e tremante della rugiada al quasi selvaggio ustionare ritmico del sole.
Se la Cacciatrice tentasse di inseguire la Lacrima Nera. Anche a costo di perdere la rugiada e il sole, a costo di perdere l'inseguimento rapido, sfregiandosi nei rovi e lungo i crepacci, ma raggiungesse la creatura. Se Lacrima Nera accettasse di lasciarsi raggiungere e perdesse la viscerale libertà di distruzione. Potrebbero trovare la via per la cima più elevata dove neve e sole si fondono in un unico silenzio d'estasi ultraterreno.
Se la persona nella camera capisse l'unica cosa che veramente vuole ed il muratore riuscisse a sfondare una parete anziché costruirla. Se un progetto comune prendesse vita e non una barriera, non quattro mura di una stanza, ma un ponte elevatissimo che porta in alto. Un ponte all'aperto, una via illuminata per la cima più elevata dove neve e sole si fondono in un unico silenzio d'estasi ultraterreno.
L'interazione, l'avvicinamento, la comunicazione si instaura nelle immagini e condivisione trasporta entità separate.
Che si ritrovano.
Quando ci si pone, in un eccesso di ambizione o di fede, mete irraggiungibili, esistono due modi di avanzamento.
Il primo modo è proseguire, marciare per non marcire, mettere tutta la benzina sul fuoco, gettarsi fit come bodybuilder contro le avversità, contando sull'esperienza e l'equipaggiamento acquisito. E bam addosso al muro per sfondarlo
Il secondo modo non lo si sceglie, avviene e serve solo percorrerlo: è cambiare di un filo, avanzare, migliorare un poco, avanzare, scostarsi da uno schema e di nuovo avanzare. Il secondo è rendere l'impervio pianeggiante.
Come i gradini di una scala.
Voglio un eternità sulle scale.
Cos'è chiedere senza avere risposte?
È aria mossa che impallidisce davanti alla prima tenue brezza.
Quando si completa con la risposta, si complementa e si prova ad unire, congiungere, a contattare e conolfattare, allora qualcosa torna unico.
I frammenti e i frantumi invertono la retta del tempo e, contro ogni principio entropico, si genera una stasi. Unica.
Poi c'è l'esterno, che lavora, che trama e medita tranelli e ti sputa passato e futuro in un calderone secco in faccia. E io cosa faccio? Penso all'unità ciclica di chiedere e rispondere, ascolto lo scrosciare di acque all'ombra di arbusti.
Il caso mi butta telefonate e occasioni, il fato mi ride e apre lo scrigno. E io rispondo col ghigno.
Puoi gettarmi tutto e tutte e ognuno addosso, ma se il muro è crollato e ha dato accesso non significa che non si sia ricostruito e ora celi a tesoro ciò che ieri è stato.
Cosa penso quando non penso? Che è senza senso, ma ti ringrazio.
Serve tempo, serve un tempio. Serve meno spremere le tempie e più capire che c'è ancora del buono là fuori. Del buono, del meglio e del migliore. In una manciata di ore.
If the sun and the 1/r gravitational potential wouldn't exist, we couldn't have a well known cyclicity, i.e. the day/night and winter/summer ones, injecting a sense of recursion and time.
One's life spanning would be a one shot one kill, one single day of growing and withering. No learning from mistakes and no retractations of previous statements.
Life is not that linear, thou, and my dayly struggle against the sinusoidal role reprising game is killing me.
Yesterday, meaning really early this morning, I wrote something on this very blog about thinking while not thinking and shit. I was damn tired and what I did ended up basically fucked up. And still I believe I have put in words something worth, even if I wouldn't publish it again in a sober state of mind.
Why? Because fuck you, that's why!
Because you don't really need an excuse to execute your own values, beheading the warnings you are heading to yourself.
There can't be regret if someone doesn't get the misspelled and misplaced soft spot I'm always showing.
Siamo di nuovo a circolare come sangue, sono di nuovo a circondare in assedio una città fantasma.
Cosa fare quando so cosa fare? Come decidere a decidermi quando ho già deciso?
Parlare non serve e parlare non basta. Con una penna o una tastiera in mano va bene, me la cavo, costruisco e abito le mie barriere perfette. Poi, faccia a faccia, dubito e faccia a faccia voglio il subito.
Ed è sempre quel perdersi negli occhi, sempre a dimenticare che ci sono labirinti nelle teste delle persone da cui NON posso uscire. Cosa fare non lo so e come pensare non ci penso nemmeno a pensarlo.
Lascio essere e tutto sarà.
Volerlo o non volerlo non conta, ormai.
Se è un gioco almeno che abbia regole e se è un terno al lotto almeno abbia un buon montepremi. Siamo finiti solo quando finiami.
Come va nella tua prigione?
La sentenza è stata chiara: prigionieri a vita in questo limbo tra potere e dovere, volere e sapere, mele e pere.
Ti danno uno stomaco per riempirlo e lo imbottisci oltre ogni ritegno di merde dolci che nutrono solo pancia, fianchi e una plica di tripli menti.
Ti danno peni e vagine ma prima di fare il tuo unico lavoro ("you got one job!") devi fare teatrini e corteggiamenti come un circo itinerante.
Ti danno un cervello che còmputa ma una voce che non sa riferire, occhi che vedono ma mani che non toccano, gambe che ti trascinano e altezze che ammazzano.
Ti danno la scelta di lasciare entrare gli altri, ma non la spranga per difenderti.
Puoi accettare ma ci pensi comunque.
Oggi è tipo la festa della Liberazione, ma è dura da digerire. Liberazione, eh? E perché siamo ancora prigionieri? Carcerati e secondini, prede e predatori, siamo ogni goccia di rugiada su ogni lato della foglia che fotosintetica muore quando il sole impallidisce.
Con un paio di occhi non leggo la liscezza che il tatto trasmette e con l'udito non sento il tuo immobile profumo al mio fianco.
Libertà: come una barca nel deserto, un coltello nella minestra, un amore tra i miei simili.
Siamo talmente liberi che l'unica fuga è la prigionia sotto 3 metri di acuminata terra.
Com'era la filastrocca? "L'uomo vive in due mondi, ampi e vasti, contrastanti. Uno è dentro l'altro è fuori, nel primo vivi, nell'altro muori".
Adesso è ovvio che per te non è per me, che quello che tu non è quello che io, che il cruscotto del tuo cranio è meno arbremagiquato del mio. Ok.
Però l'affinità dell'essere scoppiati, dell'essere fuori dal canone in voga, eh: già quello ti accomuna.
Quando poi riesci a far parte di un A-Team di scoppiati, allora è altro che 300 alle Termopili.
Altre volte trovi un scoppiato-nonscoppiato che ti strika d'interesse, ma porcoilduce, non sai se è con o contro di noi. E allora cosa fai?
Beh, gli/le sciorini tutto il campionario di outside the box che sembra l'iperspazio o l'iperuranio dall'outsider che sei.
E che non sia un'idea superluminare arruolare nuova merda nella crew.
Così, tanto per fare più sbarco in Normandia e meno infiltratore dietro le linee nemiche.
E chissà che un giorno non ti possa salvar la vita, il marmittone fresco di leva.
Archimedea la cosa, eh? O soli arcigay.
"The light burns brighter when the darkness is deeper"or something like that. Today I discovered this and, man, that's my daily anchor to life. Without music and stuff I would gladly take my life.
A te che mercanteggi
te stessa come in fiera,
che tieni indecisione
dietro la postura fiera,
che smussi gli artigli
da ferale fiera
contro uno sguardo
che per te non spera.
Last week I was constantly wasted, moving like a zombie intoxicated and annihilated, I brought my body to the limit with a ridiculously low amount of sleep and a gigantic dose of alcohol flowing in my veins. I could have cut my self in the morning and spill Vodka instead of blood.
I'm not proud of my last week, on the contrary I am ashamed and guilt is gripping my throat every second.
But
As always you have to see both sides of the coin, as always I have to accept who taught me something. In fact I can recall many strange events, many of them dealing with random encounters and women I thought I had left in the past.
As always someone is missing, I didn't met everyone. But those I met... hell.
I played the usual me: the one who gives the lowest amount of fuck humanly possible, I pretended to be accomplished, full of shit and full of a never-ending source of creativity. I put masks over masks, layers upon layers of appearance. Among the emptied glasses I left so many facial expressions that no actor dead or alive could replicate.
Last week was strong, and I'm not only talking about the Klegevich: I learned so much, I saw things that I'd rather forget, I discovered how deep the well can go.
First of all: women love words.
I am not sexist, it's not a negative thing (neither positive), it's just a (huge) generalization I came up with after last week.
Secondly: men hate words.
Again a generalization and again it means everything and nothing.
I'm not willing to stay here and explain, although these two claims really ARE enlightening. I should give some examples, I should connect the two opposite reactions to some primordial archē. I am sure I could do it, but I won't for two reasons:
1) I can't explain because I'm kinda "involved", being a man
2) I can't explain because either you got it or you didn't
Anyway, last week was fun. Liver and lungs aside.
Il mio sabato sera finisce in un istante quando mi accorgo che ho una tasca bucata.
Sembra stupido eh, che per una tasca bucata io getti tutte le fiches a monte, mi avvolga nel chiodo di pelle e abbandoni tutto e me ne torni all'ovile deserto. Sembra stupido ma di regola seguo l'istinto e il mio istinto stava gridando "Pericolo!" con tanto di sirena e lampeggianti rossi.
Mi trovo così in cucina da solo con un paio di pantaloni sani e il dubbio amletico se tornare al mondo piovoso esterno o se rimanere nel silenzio.
Scelgo il silenzio e penso a quanto possa essere divertente essere come sono.
Adesso sto ripensando a così tante cose che se dovessi elencarle non mi basterebbe una vita intera, visto che sto ripercorrendo tutta la vita.
Ho trovato anche una spiegazione ed è banale. Solo che è difficile metterla giù a parole. Vediamo: assenza di diplomazia, intolleranza e impazienza. Questa mi sembra la spiegazione.
In questo modo riesco a spiegare, o forse a giustificare, quasi tutto. Anche il perché del fatto che il buco in tasca mi stesse guastando.
Così si spiega molto, o si giustifica, e così mi sento un po' più cònsono.
Dal 2005 a oggi molto è cambiato, ma sotto sotto sono ancora quello lì con le nocche insanguinate e un muro sfondato (bucato) che mi ghigna in faccia.
Contro ogni adagio popolare, i buchi aiutano.
So call me stupid or call me whatever you want. Tonight I proved again what a man should do.
There is the will, there are the emotions, there is duty, there is the law. And then there is that moment when you know what to do, when no matter what you follow the line and you behave as natural as you can.
Tonight, today, now I could have done something. I didn't.
I bent the rules of nature, I rode straight against my instinct and I did what balance required.
I'm proud of me.
Tonight I became a better person, I fought against myself.
And I won.
I won.
Pressènza
Limpido ma ancora tremante
il sospiro sussurrare alla pelle
e lento ma tuttora esitante
resta lo sguardo smussato dal tempo.
Grida il silenzio di grido ribelle
mentre in distanza t'avvicina
una sfera nel vuoto,
un fatto che eclissa
la buffonesca prole
dello stuolo di belle parole.
Paradossale come il solito che parole rinneghino parole, ma tant'è.
Si costruiscono i loro schifi e li mobiliano come Scavolini.
Dovrei essere io il patetico e ridicolo, invece sono la solita forgia che si sporge sopra l'orgia di nulla e niente a cui si accoda il serpente di squamosi e invecchiati veri palloni gonfiati.
Ciao, non ce la fate e non ce la farete col vostro spregevole intellettualismo del dare degli intellettualoidi falliti a quelli che vi hanno solo... ah, fiato sprecato.
Ciao.
Aspetta un attimo...
Aspetta seriamente un istante e ora dimmi: perché?
Semplice, eh, niente di fancy o agghindato, dimmi solo il perché.
Guarda, forse sono un po' sordo ma giuro che non ti sento parlare. Ah, non stai parlando. Capisco. Quindi non sai o non vuoi dirmi il perché, d'accordo.
Come? Ah, adesso dici qualcos... Ma sì?! Veramente? Cioè mi stai dicend... no, devi proprio scherzare per dire una cosa simil... Che?!?
Sarei io!?!
Tu mi stai dicendo che sono io quello che blablabla?!?
Non per pararmi il culo, giammai!, ma non ti pare che tutto il circondarsi di merda sia un tuo bel lavoretto e non che il mio farlo notare sia una colp...
Ah, è così? Quindi adesso è colpa mia se ti sei seduta per mezz'ora di fronte a me solamente per guardare lo smartphone e per farmelo venir duro?
Ah, è colpa mia che ti ho scritto, eh? Colpa mia se ti ho riportata a casa su una spalla mentre vomitavi come un'astronave?
Ma seh! È colpa mia anche che tu abbia mollato quel manichino di Zara con cui passavi le serate a sorseggiare granite?
No, d'accordo. Se vuoi tenere quel broncio smerigliato da sbuffi periodici e inarcamenti sensuali di sopracciglia, ok.
E dovrei anche salutarti con trasporto quando ti incrocio?
Va bene, va bene. Adesso andiamo in cucina e facciamo 4 omelette così eliminiamo il problema alla radice.
Così a bocca piena taci.
Ma sì, d'accordo, mettiamo radici in cucina e svuotiamo il frigo. Ci sono ancora Fette al Latte.
Volevo chiamar sto post "il trionfo del tronfio" dove ovviamente il tronfio sono io.
Poi però ho scoperto di non sapere cosa "tronfio" significhi e allora, come giusto che sia per l'outcast outsider aut-aut che sono, ho stickato al titolo in inglese per fare il super cool.
Comunque: l'altro giorno un mio amico mi ha mostrato le slide del corso di "patologie mentali blablabla" della sua ragazza.
Tutto divertito comincio a leggere i sintomi dei vari disturbi della personalità e, ta-dan!, ho buona parte di tutti i sintomi! Paranoico, paranoide, anomalo, affetto d'istrionismo, soggiogato... TUTTO.
Al che ho cominciato ad esaltarmi (come mio solito) e tutto contento sono tornato a contemplare il soffitto lasciando che la fortuna mi baciasse.
La fortuna non mi ha baciato.
Mi ha limonato e ingravidato di saliva.
Tutto in linea, la giungla si auto-macheta da sola innanzi a me e io mi misuro con un goniometro il QI che sfora 200.
Intanto soldi piovono dal cielo e le fighe si scannano nel fango per potermi avere.
Tutto va a gonfie vele e, se anche non fosse così, nella mia mente è tutto vero. Gonfie vere.
Tra l'altro ho un utente assiduo del blog che visualizza dalla Nuova Zelanda: maestro del cambio di IP o Peter Jackson?
Basta, torno a nuotare nella cocaina e a pescare preziosi monili dai bidoni dell'immondizia.
Bye bye.
PS: niente, volevo vedere se leggete i PS di solito visto che sono una roba sempre postuma, come dire hangover.
Non sono mai stato un tipo ostinato.
Non mi serve.
Non ho mai insistito su una cosa con testardaggine. Di solito se vedo che una cosa mi viene, bene, altrimenti ci becchiamo a Sodoma, baby.
Ostinato no, però sono sempre stato ossessionato. Ho quell'ossessione sinusoidale per cui ogni tot DEVO fare la tal cosa. Ovviamente senza ostinazione.
Il successo nella vita è un equilibrio tra scelta e accettazione. Uno sceglie azioni gratificanti e accetta gli esiti. Così vive bene.
Ricordo un compagno di corso durante la triennale che era ostinato. Era bravissimo, acuto, a volte anche simpatico. Ma era una piaga. Viveva male e il suo viver male lo trasmetteva involontariamente attorno a sé. Oltre a essere rabbuiante era elitario, uno di quelli che "tu non sai cosa vuol dire star male. Tu non sai cosa vuol dire soffrire. Tu non...." e blablabla di suo pessimismo elitario, o pessimo elitarismi.
Un giorno gli risposi: "quante bare hai portato al campo santo (=cimitero)?"
E lui: "ma cosa c'entra?"
"C'entra che io ho portato 8 volte la bara al cimitero"
"Ma cosa c'entra?"
"Niente. Stupido"
Il tipo era un ostinato. Ma non era ossessivo. Era di quelli che distinguono i momenti della giornata, dell'anno e della vita. Lui aveva i "momenti studio", i "momenti ricreativi" e così via. E infatti viveva male. Si imbottiva di sonniferi per rispettare il "momento sonno".
Io sono sempre stato ossessionato e ogni momento della mia vita è uguale agli altri, perché sotterranee le ossessioni non muoiono.
Ho conosciuto molte persone, felici e tristi, di successo e fallite, migliori e peggiori. Ma le uniche con cui ho potuto sentirmi capito erano quelle con l'ossessione.
Non ostinate, anzi, spesso svaccate e menefreghiste, svogliate e pigre. Ma sotto sotto te lo sentivi che c'era un fiume sotterraneo, un rombante motore pronto a mollare la frizione e lasciar quattro paia di pneumatici nel primo quarto di miglio.
Se uno si ostina a fare ciò per cui non è portato, soffrirà.
La mia fortuna è che ho sempre scelto cose in cui posso farcela. Quindi non è fortuna e nemmeno "amore per la sfida".
La verità è che "l'importante è partecipare" è una cagata ed è meglio scendere in campo solo con una bella armatura e armati fino ai denti.
Sto proseguendo con alcuni progetti. Niente roba da Nobel, eh, e nemmeno mi ci sto dannando l'anima (zero ostinazione) ma ce la farò. Perché è ossessione.
Non me ne frega di questo e quello, della vita sentimentale e delle prospettive future, visto che, se va con quest'ossessione, sarò alle Maldive su una sdraio a sorseggiare sangue di vergine da una noce di cocco.
After a long sleepless night and something like 50 coffee-cigarette combos, I am here grinning like an evil clone of myself.
Yeah, I did it again. A new victory and fuck off to everyone.
Loneliness kills. It's not exactly the same loneliness haunting isolated people, physically isolated, but it's loneneliness nonetheless.
Being a complete asshole, unable to share anything with somebody, this is my curse.
But.
Yeah, but
today I won three times.
First: I fucking ruled at the suicidal exam, after something like 2 hours I rised victorious. Secondly I discovered a new books series which rules. Third: I fucking got some grip on my book (the one I'm working on since I was 16).
So my life sucks but I can find some enjoyable parts of it, like the fact I'm a motherfucking genius and I don't care about your cumbersome way of living. Really, I don't care, I don't wanna know what's going on: my book confirmed.
It's not HL3, but close.
Goodbye Lenin, welcome to my hell.
Eravamo in tre quando la neve ci ha colto alla sprovvista.
Con un paio di Vans con più buchi di una comparsa in Rambo 4 e una roba di tipo 3 km da percorrere in discesa, il terzo scomodo dei tre si arrende, lasciando il mio compagno d'arme e me tutti soli a fare i coglioni.
Avrò anche superato da secoli i 20 anni, ma con 30 cm di neve e una voglia matta di spaccarmi la testa (yeah, flirting with death) non ho saputo resistere all'ebbrezza di scivolare correndo imbottendomi di acqua come una cisterna, gridando bestemmie a squarciagola e superando gli imbranati ombrello-muniti con tracotanza da pilota di NASCAR.
Una ventina di volte ho rischiato di spezzarmi il collo, con tanto di socio bastardo che mi lanciava palle di neve.
Una ventina di volte mi sono chiesto quanto cazzo di coglione mi stavo comportando.
Un milione di volte lo rifarei.
Era freddo, umido, stupido. Eppure tutto diventava ininfluente, dai traguardi che devo raggiungere alle gambe che devo traguardare.
Fanculo.
L'apoteosi della mia infantilità, l'apogeo del mio egocentrismo, l'anossica aria che respirata soffoca.
Sono sempre più una bufera di incazzatura, un clown che ride degli infelici per coprire la propria infelicità. Sono una persona pessima, malvagio, spietato, insicuro, affamato.
Sono la summa delle somme di tutte le sommatorie divergenti che esistano, sono inaffidabile e ineffabile.
Sono una merda.
Però cazzo se non mi sono divertito! Io contro gli agenti atmosferici, io come gli antenati, io immemore di tutto tranne che dei muscoli che fremevano nello sforzo di tenermi vivo.
Assentheismo! Quel che manca deve essere assente e quello che c'è è un eterno presente.
Vivete pure le vostre troiate, tanto io mi diverto con poco.
"La verità sta nel mezzo" e io vado in treno.
Cosa succede di innovativo? Beh innanzitutto ero tutto tranquillo a misurarmi a spanne il QI quando mi squilla il telefono.
Rispondo, è una tipa.
Mi telefona per chiedermi il MIO numero di telefono.
Ancora scosso dalla telefonata incontro una seconda tipa che mi fa:
"Ommioddio! Ma tu conosci X???"
"Eh, sì..."
"Ommioddio, che emozione. È ormai da anni che io LO AMO!"
"Ma chi... X?"
"Ma noooo! Il suo amico!"
"Ma chi?"
"TU!"
Boh, ecco. Questo è quanto.
Ho già la canna della pistola in bocca e me la spompino prima di tirare il grilletto.
Sarà il mio sguardo, sarà che ho più bestemmie sulla lingua che sangue nelle vene, sarà che l'umanità si divide in due categorie (le merde e i miei X-[Wo]Men), comunque sia... Boh.
Seriamente: tu che mi chiedi l'accendino e poi mi chiedi anche di fumare con te e, mentre t'arricci le frange della sciarpa, con leggerezza mi chiedi il numero di telefono (vecchia, ormai c'è Ask.fm!).
Seriamente: tu nordafricano d'ascendenti berberi che mi minacci di morte perché alla tua insistenza ho risposto con "ma diocan?!".
Seriamente: tu che mi scrivi nel cuore della notte perché io venga a trovarti dopo 2 anni che non ci vediamo.
Seriamente: tu che mi aiuti a progredire col teorema di "tutto è violenza" e mi spingi a cantare gli Steel Panther con tanto di air-guitar.
Seriamente: tu che mi vedi quotidianamente e butti l'ombrello a terra perché lo raccolga e io ti ignoro.
Seriamente: tu che, appena presentati, mi ridi in faccia incurante del lifting facciale in arrivo a suon di nocche e brutalità.
E seriamente: voi, miei X-Men, D., L., M., Z., B. e C. che riuscite a non ammazzarmi ogni volta.
Sarà che sono così un duro che non se ne accorgono ma ho vinto anche stavolta.
Sarà che tremo ogni volta che sto con te, ultima e definitiva seriamente, io diocan ti voglio portare in spalla all'altare e in culo tutto il resto.
So here I am.
There is nothing valuable to say except that life is streaming powerful through this boiling blood of mine.
The same life I breath every morning, the same life that allows me to raise my head toward the horizon, with grin on my face and numbness evaporating.
I am not actually ready, I've never been ready. But right now I know that my centre of mass is steady, the momentum is ready to be released and all the future kinematic ain't determined yet. I'm just a compressed spring, lock 'n' loaded, ready to strike.
There was uncertainty in the past. I was trapped into the nightmare of "I fear what's next".
Now something else replaced the fear.
"Be C infinite!" I scream everyday to the mirror. That's the solution: being infinitely differentiable, hell!, you must be analytic all over the domain!
Play it smooth, let it flow, laugh at everything because everything is just the only and unique opportunity you have.
The quote of the day is something like:
"Men live two lives. The second begins when you realize there's only one life".
You know, recently I got involved in a fight. I was completely innocent and because of a friend I was targeted by two junkies. They started kicking and punching me, until I decided to flee with a motherfucking rush of adrenaline.
I felt the pain where I was hit but I also realized the potential.
Hadn't I fled, I could have killed those two idiots.
I had tons of experiences in the last month and everything led me to reformulate my rules.
Now I know why you wanna hate me.
Now I see the dancing scythe much too close and now I say "fuck you". Precisely.
I say exactly like that to everyone: to the brutal authority and to the bitchy girl, to the rabid dog and to the peaceful granny.
This is not a juvenile revival of useless rebellion.
This is what I want everyone to understand: life is just achieving and enjoy the achievement.
You don't have to be neither selfish nor selfless, you don't need to be detached, no need to be attached.
There is no utopia, no dystopia, no heaven and no hell. There is no odd or even.
No fate.
No faith.
No hope and no despair.
Be smooth, shape with bluntness and shave with bloodlessness.
Write down bullshits in a foreign language and laugh at those that can't see how much you really care.
Be strong and don't hide that YOU CARE, that nothing can scare you.
That every second you breath is an adrenaline rush.