Dopo una fila di velleità poco virili in lingue che non conosco, torno al solito posto, sul luogo del delitto, reo di un non ben precisato diritto di parola che è concesso da me stesso senza un proprio eccesso di amor proprio.
In sintesi mi metto in ridicolo.
Questi ràntoli verbali forse enfatizzano il fatto che mi senta in pericolo, rollo il capo attorno l'asse vertebrale come una piroga nella tempesta e cerco di tener ferma la testa con la valanga di parole che rinvanga vecchi usi e costumi di un mio passato mai superato.
Se Nietzsche avesse studiato a fondo certe equazioni differenziali ordinarie sono certo avrebbe enunciato disordinati aforismi su celle primitive di prismi in reticoli periodici e avrebbe proclamato "Eterne condizioni al Contorno".
Che sarebbe il nitzscheano modo per dire "Periodic Boundary Conditions".
Quello che (non) voglio dire è che sparpaglio parole per depistare me prima di tutti, mi mordo la coda dando la mia coda in pasto alle mie zanne, spinno come una moneta la spinning wheel of fortune e forzo eventi gettandoli ai quattro venti e, con tutto sto solfeggiare di sinfonie supersoniche inudibili e inutili, alla fine sono ancora al punto di prima.
Sono in prima linea in fondo a uno schieramento che percorre il globo intero. Sono identificato antipodalmente con polidrome coppie di me che si estendono come virus su tutte le spiagge disabitate di dimensioni abitate caleidoscopicamente da altre entità contenitive di vita.
Molto prima ho detto "pericolo", molto adesso dico "sicurezza". Sicurezza di essere vivo in pericolo contrapposto a pericolo di assopirmi in sicurezza.
Aria fritta che diventa brasato di parole su uno schermo.
Certo, alla fine sono un panzone sovrappeso e stupido che scrive su un blog. Però magari non sono sovrappeso.
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