Friday, 30 August 2013

Fauci&Falci

"Ognuno è fautore del proprio destino"

Oppure il mondo si divide in due categorie: chi si faucia il destino e chi se lo falcia.
I fauciatori divorano, osano, aggressivi per non essere difensivi, si lanciano.
I falciatori con l'amore per la routine e il trantran quotidiano si falciano occasioni.

Sono una fauce o una falce?

Sono il lento fiume che nasce per accrescere o irruento e morente a un passo dalla foce?

Vorrei udire ancora la mia voce
sussurrare.

Thursday, 29 August 2013

Assenza essenza di presenza e altre robe simili

Ad una prima analisi sembrerebbe quasi ridicolo che l'assenza possa effettivamente interagire, pesare, ferire e uccidere più della presenza.
Sembra qualcosa di troppo sentimentale, troppo metafisico.
Poi uno comincia a pensarsi senza casa, senza una gamba, senza il cervello, senza un scopo, senza mort... ah, no, senza vita.

(Merda, mi stavo quasi per fregare con la storia della morte...)

In realtà è una cosa molto fisica, pensate al vuoto che "tira". In realtà è che le cose sono entropicamente gay e vogliono esplorare, soprattutto il vuoto.
Tutti piccoli Marlow su per fiumi, piccoli Danti giù per gironi e via con la curiosità per l'inesplorato e il desiderio di ciò che non si ha.

L'assenza dicevo... ah, e ho detto vuoto. O ho detto "niente"? O "nulla"? No, forse era oblìo.
Ecco, qua a girovagare come carovana nel deserto attorno a racconti (falsi?) tramandati dai predecessori. L'assenza è vuoto? E se c'è assenza allora è presente l'assenza... ah, bella vecchia diseguaglianza delle dicotomie! Sentire il silenzio, vedere il buio, esistere del Nulla, essere del Non-Io e tutte quelle cose fighe che prendono a scarpate la booleaneità della descrizione della realtà.

Assenza è più sapere e non potere. Ecco, questa è la definizione. Se uno non scopre che le persone hanno 2 gambe, vivrà con una gamba solo senza sentire il peso dell'assenza di una gamba.
Ah! Eccola! Adesso capisco perché è così bello essere stupidi, ignoranti e attaccati a Matrix.

Vediamo l'assenza come una specie di contrappasso, un sole che brucia l'Icaro che osa, un bel calcio nei denti dell'imperscrutabile Realtà che abbiamo colto con le vesti alzate dietro al paravento.

Sei questo, Assenza? Sei la maledizione lanciata dal nemico sconfitto? Sei il colpo di coda nel canto del cigno prima dell'arrivo del macigno?

Assenza, come la fresca brezza dopo il temporale, quando tutto girava e tutti gridavano e tutto.
Assenza, sì, magari bruci. Bruci come brace morente quando il rogo ormai è divampato regale.

Forse tu, Assenza, sei il mio compagno di viaggio, il frutto di troppo volere e... nulla stringere.

Forse un giorno ci metteremo d'accordo, Assenza. Faremo a giorni alterni, i dispari miei e i pari tuoi (fregata, 4>3!). Nei miei giorni sarò stupido, spegnerò il cervello e i giudizi e la rabbia e la paura e sarò
libero da te.

Certo, poi potrai tornare a prendermi al parco giochi e riportarmi nella camera buia. Potrai riportarmi
a casa.

Ma ti prego, lasciami un'ora d'aria, un'ora leggera.

Lasciami provare a essere migliore.

Tuesday, 27 August 2013

Com'è


Come stalattite annegata àncora
soffocata dall'acqua che la gènera
il corpo statico l'anima vìncola
con ghigno agùzzo che termina in làcrima.

Monday, 26 August 2013

Il sermone del salmone

Quando dicono che "è tutto un tira e molla" hanno proprio ragione. Soprattutto tira.
Partendo dal fatto che la vita è tutta una tirata in salita verso la cima e, una volta arrivati, si scopre che hanno aperto un McDonald's sull'arcadico prato del tuo primo bacio.
Poi si tirano le somme delle cose, giunti (o non giunti) a certi traguardi. Poi si tirano i fili delle marionette, si tira avanti e infine si tirano le cuoia.
Non tiriamola per le lunghe, è proprio un tira e molla.
Come molli le sabbie mobili quotidiane, come molla del letto che perfora il materasso e ti molla una cicatrice da gladiatore. Come quando ti molla la tipa per "incompatibilità".
Molla l'osso e tiriamoci una riga sopra.
O tiriamoci una riga di coca.

È un tira e molla con il sole e le stagioni, col pendolo di mia nonna che lo sento ancora toctoctare di notte e mi fa paura. Tira e molla il vento che frusta le fronde ma non sradica i tronchi e tira e molla la mandibola che fa su e giù e qua e là e spappola roba prima di deglutire.

Tira e molla coperte nella notte invernale e la giacca a metà stagione, tira e molla le preferenze nelle urne durante l'elezione, e tira e molla sto cazzo durante un'erezione.

Tira e molotov, terra e molla. Tutto un moto armonico forzato con attrito viscoso. Beh, dignitoso, no?

Tira la sigaretta, mollati nell'ubriachezza. Molla la presa al polso e tiratela vicina per il busto. Molla ogni timore e tirati sul sentiero giusto.

Non lo so, forse essere abitudinari non significa avere abitudini, ma capire che TIC-TAC passa il tempo, TIR-MOL niente cambia e se cambia non dà stupore, non ha sapore, non sa di umore.
Ormai lo vedo negli occhi di overcinquantenni, tutti Woodstock per farsi una vita lontana che tornano come i salmoni al paese d'origine.
Ci tornano stranieri estraniati in un tira e molla di appartenente e alieno.
Con neonati al seno o completi assenti figli, con sorrisi infantili e dubbi sottili.

Tira e molla l'orso al torrente che goffo e grasso prende al volo muti salmoni che ripercorrono all'indietro il loro passato.

Tira, sì. Ogni paura lontano.
Molla, certo. Il rumore inutile.

Il salmone non fa alcun sermone, perché è muto.
L'uomo può emettere invece suono, che è musica.

Tira e molla. Pugni ad ogni ostacolo.
Tira e molla, un ballo in festa.
Perché se i pesci sono sani, io non ho pinne, ho mani.
E l'inferno in testa.

Sunday, 18 August 2013

Come radici

Le radici tengono colpo, eppure si muovono. Sono vitali, fanno il lavoro sporco.
Non le vedi, non le dipingi, non fioriscono, non oscillano al vento bagnate dal sole.

Le radici si allontanano, le radici si scontrano.
Tagliano la pianta, le radici restano.
Le radici vivono nell'oscurità.
Le radici non sanno.
Le radici.

Cosa ne dici?
Non mettiamo radici, noi siamo radici: raschiamo non visti, assorbendo e cedendo, contorcendoci in avanti, ignorati da tutti.

Friday, 16 August 2013

Win or loose, grin over noose.

LOOSING OR GRINNING

Heal my scars with injures anew
cut my flesh with your tongue sharpened blade
on the invisible and unwitnessed path
of lives recovering in shade
of peaceful gloom
prelude of doom
feed me again with hunger
dispatch anger in shape of silence
that I can hear that I can feel
in the sudden absence of violece
I am thirsty and my boiling blood
does not seem enough for us both.



We should never understimate the power exerted by close living souls on our Weltanschauung.

Thursday, 15 August 2013

Does everybody know?

C'era un film una volta, Pump Up the Volume, dove un ragazzo si costruiva una stazione radio nel garage e trasmetteva tutto il suo rancore.
Nella cittadina, classica casaschierata in Arizona con giardinetti americana, i giovani (parola tutta da definire) ascoltavano la stazione radio clandestina e si rispecchiavano. Diventa una cosa "catartica" (penso sia giusto) e i giovani trovavano finalmente un "senso" alla loro esistenza che fosse loro e non quello che i genitori/insegnanti/boh volevano fosse.
Gli adulti (parola tutta da definire) temevano la trasmissione.
Classico "film americano passabile", guardatevelo (dovrebbe esserci tutto su YouTube), che finisce un po' a cazzo e al solito lascia l'amaro in bocca.

Però c'è qualcosa di magnetico: il tipo dietro al microfono, nel buio del suo garage, È se stesso, non deve mentire, fingere, sottostare ai dettami della società e, via coi cliché finché volete, ma è immedesimabile.
E poi, puf, una ragazza vuole scoprire chi è il misterioso radiofonista, s'ingegna, fatica e lo scopre.
Siete di QI medio? Esatto. Si innamorano.
Il fatto è che chiunque vorrebbe (almeno una volta in vita) essere se stesso nel buio e BAM arriva il prinipe/ la principessa che è "interessato/a per quello che sei e non per quello che hai" o puttanate simili.
(vabbè, toh il link http://en.wikipedia.org/wiki/Pump_Up_the_Volume_(film) )
(anzi, ecco il film http://www.youtube.com/watch?v=ZRD_MoqomKE )

Cos'ha di bello quel film, a parte che a tratti potrebbe coinvolgere nella sua ingenuità (attenti che ci scappa anche l'adolescente suicida, non è una commedia da Adam Sandler, eh!), cos'ha che mi fa star qua a scrivere?
Beh, ha sta canzone che continuano a far andare durante il film: Everybody Knows di Leonard Cohen.
Ecco, una canzone che è un FOTTUTO CAPOLAVORO dell'espressione artistica. Qualcosa di, giustamente, indescrivibile, un capolavoro che oggi ho ascoltato tipo 300 volte.


Everybody knows e alla fine non sanno un cazzo di niente se non qualche induzione generalizzata a dogma della vita. Nessuno sa e Cohen lo sa. Ah, appunto.


Wednesday, 14 August 2013

Esiste. Perché l'ho sognato.


"Do you see him? Do you see the story? Do you see anything? It seems to me I am trying to tell you a dream — making a vain attempt, because no relation of a dream can convey the dream-sensation, that commingling of absurdity, surprise, and bewilderment in a tremor of struggling revolt, that notion of being captured by the incredible which is of the very essence of dreams."


[Heart of Darkness, J. Conrad]


Tuesday, 13 August 2013

Le sedute spiritiche

A volte proprio non si riesce. Ci si prova, si pensa, si ragiona, si riflette come uno specchio. Ma niente.
Un meccanismo di feedback di merda ti ributta ai piedi l'idea che hai speso un pomeriggio a levigare.

A volte vorrei parlare con i morti. In particolare alcuni miei antenati e soprattutto con mio zio prematuramente annegato.
Cullo la speranza che, una volta morto, un morto, veda le cose da un radicalmente diverso punto di vista.

Mi serve una seduta spiritica: una stanza in penombra, un tavolo, una sedia, un bicchiere e 7 litri di vodka.

Forse poi potrei capire cosa percepisce un morto.

Ah, forse niente.

Sunday, 11 August 2013

MONETA: Cose che sono Caso, i fatti contro il Fato. Scegliere o farsi scegliere, sciogliersi e ritornare.

Il futuro è nero, il determinismo fallisce, aleatorietà, fluttuazioni e altre robe di 'sticaztici.
Adesso prendi tutto questo che ti copre, come un lenzuolo, fanne una corda e fuggi da questa camera.

Cosa succede quando il salto è fatto, il terreno è lontano, l'aria sferza e il tempo rallenta? Chi ci dice che non possa succedere di tutto?
Chi ha chiesto, CHI HA CHIESTO, di poter nascere?
Cosa vedono occhi che altro non hanno visto se non il loro riflesso negli occhi degli altri?

Questa volta io vi do il Caso, il Fato, il Libero Arbitrio, la Verità delle cose e la sola soluzione a tutti quei problemi che nel futuro si annidano ignoti.

Vi do metallo, un cerchio, un disco. Una moneta.
Merce di scambio per anime che non hanno più nulla da dire/dare. 



LA MONETA

Lanciata al cielo
ruota attorno all’asse
che la trafigge
nel centro di massa.
Ruota superetèrea
guadagnandosi con la fede
la velocità di fuga
che dalla vincolante sede
di questa terra
sollevarle possa
al cielo l’anima,
oltre il metallo e la carne,
oltre le ossa,
oltre il campo attrattivo
delle sementi estive,
oltre la duplice faccia
che le scelte priva
della decisione.

Ma c’è derisione
nel ghigno del terzo èsito
che sempre si annida,
debitore del credito
di essere le grida
che urlarono “Barabba”
e tra testa e croce
misero i chiodi
di Cristo appeso.
La terza via che odii,
il Mefisto atteso che mai arriva,
la terza faccia
che il mondo priva
della disgraziata feccia
detta “Dualismo”
stupratore di uomini
e del Determinismo.

Bene o Male?
Bianco o Nero?
Strano o Normale?
Falso o Vero?
Casuale è il dono
che ha predestinato
a prevederci
l’assenza del Fato.
Quando cadde la moneta,
il risultato già sapevo:
perché la croce è profonda,

ma la testa è in rilievo.

Thursday, 8 August 2013

One way trigger to heaven and BANG

Centimetro su centimetro trasporto.
Te.
Ti artigli la pelle mia e sguardiamoci a sberle di iridi con testate di pupille, mentre tsunami scontrano di l'aria ansimata e spolmonata col colpo di frusta in grind finale di ruggirsi grida.
Immenso immerso inimmobile istante distacca
corpi per fluire brezza di tregua che accarezza e poi impatto, entrambi scuotimento di questo È e flettono braccia che serrano dita che scavano unghie che trema carne che nervi elettrici che sfasciano cervello in tregua istantanea per siamo veramente cosa creato fusione?
Scarta a lato, scarta coprimenti, scarta pensare il dopo che il prima passa e uno-due-uno fulmina che lo sai che è solo uno e scarta scarti di partite barate sotto terra morte uccise finite ti guardando e controllando che perdendo controllo coltre strappa e vedendo che solo. Solo unione.
Continuante centimetri spostata tu io la destinazione trovare e silenzio ancora ancora gemito tortuoso, desidera sparse e tentacolati immersi ovunque, input bleep radar assalto agguantare sei torcia pece sono e fuori fuoco deriso paragonalizzato.
Para colpo, affonda, bersaglio, sbaglio, ritorna completo sparge chiome, scosta chiome, randagiamente mani raminghe circondarianti convergenza stringonosi troppo sensazionale unit' e colpo su colpo non colpa di nuovo trasla ruotaziona insiste getta accorre torna uniti cosparso di tremiti che sfuggono
inintelleggibili foneticazioni e contatta tatto di tutto tolto l'ora che grida per il firmamento stato di non stare e
muoversi.
Vivi.

Wednesday, 7 August 2013

In riva all'Ago

In riva all'ago ogni dettaglio fa differenza
un istante di svago e il minuto metallo
entra in mescolanza con il pagliaio giallo
di fili e trame di vite che bruciano
ammazzando di fame quelli che non brucano.

In riva all'ago non sei mai troppo attento:
con vero agonismo mi sfida
ogni volta che tento
di passare il fil sentimento nella cruna di carne cruda.

In riva all'ago resti in bilico
quando lembi l'ago cuce sopra il divario
e dona senso e luce a pezzi di caos frammentario.
Oppure trafigge e lento logora,
i difetti amplifica e la struttura sàbota.


L'ago è un oggetto strano: è la vagina per il filo e il pene per il tessuto.
Ma il tessuto è fatto di fili, quindi l'ago è il gluone, è il mezzo per cui tutti i ripari (alla nostra fragile e infreddolita natura umana) sono stati creati.
Non è monotematico come un chiodo fisso, non è l'anello essenziale di una catena che lega/imprigiona.

L'ago è snob, è demiurgo che non resta, delega mansioni collanti e passa ad altro.
L'ago è prezioso e l'ago è pericoloso, intruso inavvertibile, metallico creatore di emotive bandiere e stendardi.

In riva all'Ago tessiamo, passiamo oltre, lo sguardo sul cielo puntaspilli fissiamo raschiato da aghi stelle cadenti, tessiamo.
Sulla frontiera che si espande, con strutture alle spalle e caos innanzi, avanziamo nell'ignoto di frammenti separati, e... possiamo.

Sulla riva dell'Ago tessiamo.

"tessiamo"

Tuesday, 6 August 2013

Seven deadly days

(Parlo per tanto, prepara le lamette e le maniche rimboccate)

Seven deadly sins
Seven ways to win
Seven holy paths to hell
And your trip begins.

Seven downward slopes
Seven bloody hopes
Seven burning fires
Seven your desires.

Cominciava così (l'ho buttato a memoria, no scazzo di copy-paste around come un idiota) un'album fondamentale nella mia vita.
Non che l'album fosse/sia sto capolavoro (se uno esclude Infinite Dreams che ve la andate ad ascoltare all'istante se non la sapete, merde) (o The Evil that Men Do, che anche andate parimenti ad ascoltarvi, hipster che non siete altro).
No, quell'album l'ho comprato a Roma, durante una gita scolastica di tre giorni, un pacco di anni fa. Quell'album sancisce il periodo che sancì il mio passaggio da bambino cresciutello arrogante sognatore sfigato senza donne illuso a uomo irascibile attraente nella complessità solitario malinconico profeta temuto disghemboguardato e attrattivo.
Sono passato dal teddy bear, amato ma infantile e infantilmente trattato, a qualcosa di immanente che resta impresso (ne bene e nel male) incatalogabile se non "strambo, pazzo, anormale, pauroso".
Da lì in poi era finita la mia timidezza e deferenza (con le donne, davanti a un pubblico, con le autorità). Non avevo paura, avevo tramutato l'imbarazzo in scazzamento. Se bofonchiavo con una ragazza non era timidezza,ma "baby sei stupenda, ma sono sopra il tuo acquitrino di esistenza".
Tramutazione, non ero solo perché senza amici MA ero senza amici perché ero solo. Vista la differenza?
E prima di tirar fuori la balla del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto vi chiedo "le vostre gote hanno mai visto un bicchiere da vicino?" Magari a rate, così vi incarnate un po' di frantumi di silicio in faccia, non sia la volta buona che iniziate a riflettere.

In quel periodo una ragazza aveva fatto il primo passo (old me non avrebbe mai osato) e, guess what, una volta dentro ho visto quanto cazzo fosse facile andar via bene (translazione da easy going o boh) con gli altri. E soprattutto con l'altra metà del cielo (che significa donne, non so perché sta perifrasi Ying e Yang, ma fuck off).

Tutto il medesimo me che sono io ora è stato affinato ulteriormente dall'avvento di forum, MSN, Netlog, Facebook e roba così. Ho cominciato a capire quanto siano proprio le parole a importare (se non sei un/una figo/a da paura, intendo), con la loro insicurezza e non univocità. Il trucco sta nell'intuire che schifo avviene nel cervello degli altri e precederli, battezzare in loro vece il loro pensiero con le TUE parole. Questo è un modo per operare controllo sugli altri, visto che le persone spesso dimenticano che i pensieri scelgono le parole e non viceversa.
Come i sentimenti scelgono le parole e non viceversa. Ma le persone lo dimenticano. O, peggio, non lo sanno.

Quell'album, che ora casca il palco e ve lo nomino, Seventh Son of Seventh Son, è lo spartiacque, insieme ad altre due o tre cosette. Anyway.
È normale che torni in mente, spesso. Soprattutto quando sono ad un nuovo spartiacque.

Vedo la vita come una pianura piena di fiumi e devi attraversarli. Solo che a volte segui il corso del fiume per molto tempo finché non trovi un punto guadabile.
A volte, troppo perso a guardare i fiumi precedenti o i prossimi lontani, non vedi il guado: perdi la vita lungo lo stesso fiume di merda.

Ora Seventh Son blablabla (l'album) torna e ritorna e torna ancora.

Visto che del futuro non so un cazzo, guardo al passato. Ma solo per trovarci che io, così come sono, tutto sommato ci sto bene (ACCONTENTARSI, bestie, non è mai troppo negativo).
Ma NON sono davanti al bivio "o la va o la spacca".

No, è GIÀ andata, il guado è cominciato e, l'acqua alla gola e il fucile tenuto sopra la testa, sono dentro fino al collo.
E che problema c'è ad ammetterlo. Che problema C'È?

NE-SU-NO

Avete mai visto serie TV? Quando c'è il problema piccolo (forse ancora contenibile) e c'è quell'istante in cui il personaggio esita sulla soglia prima di uscire e un altro personaggio gli fa "c'è qualcosa (che vuoi dirmi)?" e il problematizzato "no, niente".
BAM
x episodi dopo tutto il cast a perdere tempo, e magari vite, a risolvere quello che sarebbe bastato aver ammesso prima.

Io AMMETTO che qui ho un sentimento viscerale e assordante.
Dare il nome sarebbe il gioco del mind control, quindi trovatevelo voi il cazzo di nome.

Qui non si parla di "ah, che bello!", qua si parla di "porca puttana troia merda di dio vaffanculo crepa schifo ladro t'ammazzo,
questa è stupenda".
Ed è tutto.
E vaffanculo che magari cambio idea, sì, certo, solo per dire che non può esistere.

Da cosa ho capito che sono sullo spartiacque? Non perché "non mi sono mai sentito così" o "ha tutto quello che cerco, bella intelligente attenta sailcazzochealtro". No.

Cioè, sì. Ma NO.

È perché mi sento inferiore (in alcune cose, eh!, piano con la redenzione dell'antagonista qua). Non inferiore negativo e nemmeno che lei sia superiore. Ha solo... Coraggio. Tanto.
Non coraggio di buttarsi col parapendio o andare dal tipo figo al bancone, non coraggio che gli altri fanno "Uoooh, è coraggiosa".
No, ha coraggio di dire "perché deve essere così? Perché non diversamente?".
È il coraggio della curiosità, dell'inapagatezza, del disprezzo delle cose che "van da sé", è un coraggio molto invisibile. È coraggio arcigno, coraggio autolesionista, è il coraggio di dire "ipse dixit chi? Chi cazzo lo dice?".
Quel coraggio che aliena, che porta al patibolo i capi ribelli traditi dai compagni omuncoli.
Coraggio che mi ammutolisce e dà speranza.

Seven, gran bel film, gran begli zaini, il numero sulla tuta di Shepard. Sette, oltre a essere numero primo ed essere il divisore "a caso" (se non è divisibile per 2,3 o 5 ad occhio, uno va col 7 a cazzo), oltre a essere gli Horocrux di Voldemort e milioni di altre cose (tipo la zettimana! Bravo, genietto!)
sette sono i giorni che ho a disposizione per dirti:

Non so quanto dura il tuo coraggio, quanto napalm hai ancora nel lanciafiamme, ma io mi arruolo e ti seguo con ettolitri ed ettolitri di combustibile.
Quello che non puoi cambiare
lo bruciamo
e cospargiamo
di ceneri candide lo sporco
del mondo.

Suffucation, waking in a sweat
Scared to fall asleep again...
(Infinite Dreams)

Ah, se a te non importa, non va bene, non lo sai, ci vuol coraggio ad accettare la fiaccola che ti porgo, non sei pronta, blablabla o chealtro, ti lascio le taniche di combustibile sulle scale di casa, uno Zippo griffato Assentheismo, un utile sanpietrino sporco ferma-carte.
Inoltre, solo per oggi, se sei tra le prime 10 telefonate ricevi anche anche il mestolo della minestra in cedro di mia nonna.

Adesso io ho un cielo da guadare (sì, senza "r"), sarà il mio canto del Ghigno.

Monday, 5 August 2013

Contatti a termine.

Ti butti il corpo sul letto, trascuri l'inquietante gemito delle doghe piegate a vapore e fisso sguardo il soffitto che fa bella forza a fare l'immacolato al buio.

Fisso il soffitto e lascio frugare il cuore nella fitta vegetazione neuronale.
Mi accorgo che contro la patetica gravità, una singola spaesata e inesperta lacrima mi appanna l'occhio, per poi buttarsi di fianco rigando la tempia e scomparendo nella notte.

Lacrima intrepida, messaggera diqualcosa che non ammetto, di un sentimento che ammanetto e faccia al muro arresto.
Lo perquisisco. Lui trema:
"Le giuro, agenthe, non ho fatto nulla!"
"Ah sì?" E sbatto in faccia al sentimento il sacchettino che aveva in tasca.
"Questo cos'è? 10 grammi? Ti dichiaro in arresto per possesso di Speranza!".

Guardo il soffitto, che è poi un cielo solaiato, un firmamento che analfabeta non si firma, la tela su cui dipingo con la mente il viso tuo.

Dopo delusioni, dopo (me ne vergogno a vita) un lieve e momentaneo moto d'invidia quando ero solito sedere solo, dopo le promesse e la convinzione di essere meglio di Indiana Jones ad evitare trappole...

SPLASH

Scalcio, riaffioro, nuoto verso riva. E sono impregnato, sono impegnato.
No, niente di formale, no niente di premeditato, no niente di prevedibile.
Adesso sono io faccia al muro, respiro lento, cervello spento... ti vedo ancora sul soffitto!

E non c'è una foto, ci ho provato con la sedia a raschiare,a togliere. Ma ho solo grattato via intonaco.
E adesso il soffitto raschiato raffigura materialmente te.

Rilascio il sentimento.
"Vai, non metterti nei guai e sta' attento!"
"Grazie, Agenthe! Grazie"
E se ne va.

Appena scomparso mi volto, prendo il sacchetto di Speranza e me la fumo tutta.

Il tempo è poco, o dispero o ci spero.

Saturday, 3 August 2013

Stimare i fili di burattini di budino

L'idea del Master of Puppets mi si è innestata in tenerissima età (~ 8 anni) con Battery, Welcome Home (Sanitarium) e Orion che sono strappalacrime come il finale del Gladiatore o le fottute cipolle rosse grandi come angurie.
"World is a stage", può darsi ma sarà uno schifo da un metro quadrato ottenuto dall'intarsio di rifiuti tossici e pezzi di bambole gonfiabili.
Basta, baby, noi non siamo Morgan Freeman o Micheal Caine col nostro sorriso sottotono del classico "te pijo pe r culo". Non siamo nemmeno il Clint Eastwood monoespressivo con sigaro all'orizzonte e, fortunatamente, nemmeno Massimi Boldi baldanzosi nello schifo.
Se siamo something dealing with acting, siamo frigide marionette in mano al pensionato decrepito che spaventa bambini allevati a Game Boy e Yugi-Oh con storielle sulla verginità della madonna.

Come sempre rimarchevolmente rimarcato dal Vostro Assentheismo, siamo sacchi di acqua che ci tagliamo al minimo silenzio e riversiamo interiora colme di flora intestinale sul marciapiede insanguinato.

Antropocentrismo del cazzo, siamo solo scimmie coi peli a macchie e un concetto di vita dopo la morte che è così gay e infantile che un verme saprebbe morire con più dignità.
Ciao, people, crepiate o capiate.

Megalomania umana
ci porta a sputasentenziare
che l'esistenza terrena
sia impersonare l'attore
col ruolo applaudito dallo stuolo
di plateali seggiolini vuoti.

Teatro sarà il cosmo
Broad-in every -way
il posto dove tu sei
è più un teatrino ambulante
su due ruote eccentriche
da mangiafuoco spinto.

Pupazzo, burattino,
marionetta
stiracchi i fili al mattino
ti accasci a sera sul letto
con una croce di legno
dietro l'angolo
che al minimo segno
di evasione
ti ritrascina a saltellare
per la pubblica derisione.

Molle, flaccido, cadente burattino
la tua materia prima è budino
che si accascia in un battito di ciglio
sminuzzato dai fili catene
sul ciglio
della strada
con l'erba
e la merda
a tenerti a bada.

Quando oggi e domani coincidono

Se il dubbio è un suono, frastuono è il turbinio che scalcia fetale in questo ammasso d'acqua imballata in carne, sostenuta da ossa e paccoregalata in pelle fotosensibile.
È l'aspettativa che genera incanalamenti tali di percezione da offuscare il negativo
o veramente ora sono vivo?

Trasporto ricordi recenti come vasi antichi da uno scaffale all'altro, e viceversa, ritoccandoli di volta in volta con una spolverata di senno di poi.

È silenzio questo o fottuta attesa?
È una trama o una matassa da sbrogliare? È scritto che io debba scrivere o l'imprevedibile è indicibile?

Allevia ora e leva alla nostra quel calice, come una firma in calce, come un calcio in faccia.
Che ci piaccia o meno, essenziale e spartano è questo istante.
Mai distante.

Volevo ricordarti che coincidere significa incidere insieme, con lame in pugno e sguardo in avanti, tracciamo il nostro corso nella carne del tempo.

Friday, 2 August 2013

La voce poesia di ciò che il cuore pRosa

ROSA

Divarichi i petali
e labbra rosse dischiudi
e sai dilaniare
brandelli di carne crudi.


Adeschi, e freschi germogli
eradichi ma non togli
di dubbio dalla corteccia

del mio cervello.





Non c'è vicinanza di carne senza vicinanza di intelletto, come la mano non rischia la spina se colore e profumo non attirassero.